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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-06-27 ad oggi 2010-07-27 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

 

 

 

 

VEDI ANCHE: I CONTI DEL FEDERALISMO NON TORNANO

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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-06-27 ad oggi 2010-07-27

AVVENIRE

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2010-07-01

 

30 Giugno 2010

RIFORME

Tremonti: "Il federalismo costa se non si fa"

"Il costo c'è se non si fa il federalismo, se si lascia fuori controllo la finanza pubblica". Lo ha sottolineato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri che ha approvato la relazione sui costi del federalismo. "Se volete dividere - ha aggiunto Tremonti - non fate il federalismo fiscale, se volete evitare che si divida facciamo il federalismo fiscale".

"Abbiamo avviato la simulazione su Provincie e Comuni, sulle Regioni non siamo pronti a dire cosa dare di fiscalità propria, lo sapremo a luglio - ha aggiunto Tremonti -. Tra luglio e settembre avremo i

numeri di quelli che non saranno tagli ma risparmi", derivanti dal federalismo fiscale. Al momento, aggiunge Tremonti, "non siamo ancora in grado di dare il numero del risparmio". Dopo il risultato dei costi standard "daremo il numero".

Inoltre, il titolare del dicastero dell'Economia, ha ribadito che la prima casa non verrà tassata: il governo infatti intende dare in mano ai comuni le imposte sugli immobili ma l'intenzione è quella di far confluire in un'unica imposta le diverse tasse immobiliari che ci sono oggi. Tremonti ha poi puntualizzato che su questo saranno i comuni a decidere.

"Il federalismo fiscale è in grado di unire", ha poi ribadito il ministro per la Semplificazione nomativa Roberto Calderoli, affermando che si tratta dell'unico strumento per uscire da questa crisi. Nel corso della riunione, ha spiegato, "c'è stato un applauso corale al ministro Bossi e al ministro Tremonti, cosa che non accade quando porta provvedimenti di altra natura".

 

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-07-27

EDERALISMO

Le Dolomiti, i fari, Palazzo Archinto

Lo Stato cede il tesoro del Demanio

L'elenco in Rete. "Salvato" il cinema di Moretti

*

NOTIZIE CORRELATE

*

L'elenco sul sito dell'Agenzia del Demanio

FEDERALISMO

Le Dolomiti, i fari, Palazzo Archinto

Lo Stato cede il tesoro del Demanio

L'elenco in Rete. "Salvato" il cinema di Moretti

Il cinema di Trastevere Nuovo Sacher

Il cinema di Trastevere Nuovo Sacher

ROMA - Arriva sul sito online dell'Agenzia del Demanio l'elenco dei beni che potranno essere trasferiti agli enti locali in base al federalismo demaniale. Sono dodicimila "luoghi": caserme, ex poligoni di tiro, strade, scuole, magazzini, abitazioni agricole, fabbricati industriali, edifici parrocchiali, canali, terreni... Un valore globale che sale a 3,6 miliardi, 600 milioni in più rispetto al valore dell'elenco provvisorio diffuso a fine giugno. Un valore destinato a crescere perché sono per ora esclusi dall'elenco i beni di Roma, che saranno oggetto del decreto attuativo del federalismo su Roma Capitale, e sono per ora esclusi i beni delle Regioni a statuto speciale. Quindi, non entrano al momento nel meccanismo del federalismo demaniale beni come il cinema "Nuovo Sacher", da molti anni gestito nella capitale dal regista Nanni Moretti, o il Museo di Villa Giulia, ma anche gli isolotti prossimi alla Maddalena, presenti nella lista provvisoria divulgata il mese scorso.

Non sono contenuti nell'elenco neanche i beni storici-artistici che, in base alla riforma, andranno valorizzati con il coinvolgimento del ministero dei Beni culturali e sono esclusi anche i Parchi sui quali c'è la competenza del ministero per l'Ambiente.

L'elenco, nonostante le assenze, resta ricco: tra i beni trasferibili ci sono Palazzo Archinto a Milano, alcune zone del Colle di Superga a Torino e poi le Dolomiti, delle quali potranno essere ceduti vasti appezzamenti, dalle Tofane al Monte Cristallo alla Croda Rossa. Gli enti locali potranno ottenere anche i fari, come lo "Spignon" di Venezia o quello di Mattinata sul Gargano.

Con la pubblicazione gli enti locali inizieranno a farsi un'idea del patrimonio del quale potranno entrare in possesso e che potranno vendere per migliorare i loro conti. I dodicimila beni sono sul sito web dell'Agenzia del Demanio, diretta da Maurizio Prato, provincia per provincia, divisi per categorie. L'Agenzia continuerà il suo lavoro di aggiornamento e limatura dell'elenco con nuove liste ogni quindici giorni. La lista definitiva entrerà invece nei decreti della presidenza del Consiglio, emanati a fine anno. Da quel momento Comuni, Province e Regioni avranno 60 giorni di tempo per fare richiesta di un bene con l'obiettivo della sua "valorizzazione" ed eventuale vendita.

Paolo Franco, il senatore della Lega Nord che, assieme a tutto il gruppo del Carroccio in Senato, sollecitò l'Agenzia a pubblicare sul sito l'elenco dei beni, ha detto: "Finalmente gli enti locali potranno visionare il patrimonio immobiliare che poi passerà sotto la loro competenza".

In base all'elenco pubblicato ieri è la Lombardia la Regione più dotata di beni trasferibili agli enti locali. La regione governata da Roberto Formigoni può contare su un portafoglio di circa mille beni per un valore di quasi settecento milioni. Ultime in classifica le Marche, con trecento beni per un valore complessivo di sessanta milioni. Il Lazio, esclusa Roma, può contare su quasi mille e cinquecento beni per un valore di oltre trecentotrenta milioni. Per alcune regioni il valore e il numero dei beni è accorpato: Abruzzo-Molise e Toscana-Umbria. Si tratta, in ogni caso, di un valore "inventariale", che non è sempre aggiornato agli attuali valori di mercato, perché questa operazione sarà effettuata nel momento in cui il bene viene richiesto.

A. Gar.

27 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-04

 

Conti pubblici - Le misure

Pensioni e federalismo, il Tesoro blinda la manovra

Diventerà legge l’adeguamento automatico dell’età pensionabile. Il contropiede sui governatori

Conti pubblici - Le misure

Pensioni e federalismo, il Tesoro blinda la manovra

Diventerà legge l’adeguamento automatico dell’età pensionabile. Il contropiede sui governatori

ROMA — Articolo 12-ter. La nuova gamba spuntata alla manovra per la correzione del deficit sta lì dentro. In quell’emendamento presentato dal relatore del decreto, Antonio Azzollini, dopo averlo concordato con il ministero dell’Economia. L’adeguamento automatico dell’età di pensione alle speranze di vita. Fatto per legge e non più affidato ad un semplice Regolamento, che pure il governo si era premurato di approvare il giorno dopo il varo della manovra per dare ancor più sostanza agli impegni del governo sul risanamento. Meglio andare sul sicuro, deve aver pensato Giulio Tremonti. Un Regolamento, benché attuativo di una legge precedente, si può sempre cancellare, sostituire, modificare, contestare. Il Consiglio di Stato, ad esempio, lo stava soppesando da qualche giorno. Così, per non correre il minimo rischio, è arrivato il blitz.

Mentre tutti si scagliavano sull’articolo 12-bis contenuto nello stesso emendamento, secondo il quale dal 2016 non sarebbero stati più sufficienti i 40 anni di contributi per la pensione, poi declassato a "refuso " e ritirato dal relatore, l’articolo 12-ter è sfilato via senza problemi e clamori. Una volta che il decreto sarà approvato dal Senato, e subito dopo dalla Camera, l’adeguamento dell’età di pensione alle speranze di vita, da verificare ogni tre anni, sarà scritto nero su bianco in una legge. Per la felicità dell’Unione Europea, dei mercati, e forse anche dei politici che verranno dopo, perché secondo il ministro dell’Economia, già convinto che l’Italia avesse la miglior legge d’Europa sulle pensioni, il sistema previdenziale è blindato a vita. Oltre ai tagli alla spesa degli enti locali e a quelli della pubblica amministrazione con il blocco del rinovo contrattuale del pubblico impiego, si aggiunge un altro puntello alla manovra anti-crisi, che il ministro dell’Economia è convinto di portare a casa intatta.

Dei 2.500 emendamenti presentati dalla maggioranza e dall’opposizione, finora, in Commissione, non ne è passato neanche uno. Il margine per le modifiche, ha ripetuto il ministro dell’Economia nei due incontri avuti con la maggioranza in Senato, è ridotto al minimo. Per essere sicuro di incassare il risultato, a Tremonti servono però ancora un paio di verifiche. Con la maggioranza di centro-destra e soprattutto con il Presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi ha annunciato che da domani prenderà lui in mano la situazione, anche la manovra per la correzione dei conti. Il ministro dell’Economia sembra tranquillo. Finora, nelle occasioni pubbliche, il premier ha difeso senza troppe esitazioni la sua linea. Tuttavia il clima, durante l’assenza di Berlusconi, si è scaldato. I governatori delle Regioni continuano a protestare per i tagli, e Tremonti li attacca a testa bassa sugli sprechi. Loro lamentano il taglio dei trasferimenti che cancellano il federalismo fiscale e lui, con un altro emendamento passato sotto silenzio, sposta i tagli dai "trasferimenti" alle "risorse a qualunque titolo spettanti alle Regioni". Che ora meditano di rivolgersi a Gianfranco Fini, l’ultima porta rimasta a cui bussare. Una partita durissima, senza esclusione di colpi. Da domani nelle mani di Silvio Berlusconi.

M. Sen.

04 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-02

 

le indiscrezioni: "C'è una riflessione in atto, qualcosa potrebbe succedere"

Caso Brancher, nel Pdl sale la tensione

Dibattito all'interno del partito: c'è chi chiede un passo indietro al neoministro

le indiscrezioni: "C'è una riflessione in atto, qualcosa potrebbe succedere"

Caso Brancher, nel Pdl sale la tensione

Dibattito all'interno del partito: c'è chi chiede un passo indietro al neoministro

Aldo Brancher (Ansa)

Aldo Brancher (Ansa)

MILANO - Il caso Brancher continua a monopolizzare il dibattito all'interno della maggioranza. Nel Pdl in particolare è in corso una riflessione sul ruolo di Aldo Brancher nel governo. È quanto si apprende da fonti parlamentari di via dell'Umiltà. L'obiettivo è evitare il voto di sfiducia richiesto da Pd e Idv e in calendario l'8 luglio alla Camera.

PASSO INDIETRO - Ed è per questo motivo che il partito potrebbe chiedere al neoministro del Decentramento di fare un passo indietro. Oppure potrebbe essere lo stesso Brancher a decidere in tal senso. L'ufficiale di collegamento con la Lega oggi è stato a palazzo Grazioli e dovrebbe vedere il presidente del Consiglio anche nel week end. "C'è una riflessione in atto, qualcosa potrebbe succedere. Non è stata presa ancora nessuna decisione", sottolineano le stesse fonti.

Redazione online

02 luglio 2010

 

 

 

2010-06-28

Enti locali - I beni

Isole e Dolomiti, la lista delle polemiche

Al demanio locale anche le montagne. Il Pd: è estremismo

Enti locali - I beni

Isole e Dolomiti, la lista delle polemiche

Al demanio locale anche le montagne. Il Pd: è estremismo

ROMA — Si avvicina l’ora X per sapere quali saranno i beni del Demanio che potranno essere trasferiti agli enti locali in base al federalismo demaniale. A fine luglio l’Agenzia del demanio diretta da Maurizio Prato fornirà un elenco dettagliato e ufficiale che apparirà sul suo sito. Intanto, da ieri è disponibile una lista provvisoria che i governatori delle Regioni o i sindaci potranno cominciare a studiare per vedere se vi sono beni interessanti. Quelli finora "inventariati " valgono oltre 3 miliardi di euro, costituiti da 9 mila immobili, chilometri di spiagge, centinaia di miniere, fiumi e laghi (in questo caso solo in concessione). I pezzi più pregiati sono quelli storici come la Cittadella di Alessandria, il Palazzo dei Normanni a Palermo, la Rocca di Scandiano, il Castello di Vigevano. Da ieri si sono aggiunte altre perle come pezzi delle Dolomiti (Tofane, Monte Cristallo, la Croda del Becco a Cortina), alcuni vecchi immobili di Porta Portese, famosa ormai nel mondo per il celebre mercatino romano, la facoltà di Ingegneria della Sapienza e persino il Nuovo Cinema Sacher di Nanni Moretti, stimato 4 milioni e mezzo di euro.

La tabella di marcia per lo storico passaggio, anticamera per una valorizzazione o addirittura la cessione a privati (in questo caso il ricavato andrà in gran parte alla riduzione del debito locale e per il 25% residuo per quello pubblico), si sta accorciando. Entro il 20 di agosto le amministrazioni centrali dovranno indicare i beni in uso che intendono conservare. Passati altri tre mesi — cioè entro il 20 di novembre—il governo pubblicherà l’elenco dei beni effettivamente cedibili agli enti locali. A questo punto Regioni e Comuni avranno a disposizione due mesi per fare richiesta spiegando però che cosa intendono fare. Se tutto va bene dopo altri 60 giorni arriveranno i decreti per il passaggio di proprietà: l’operazione dovrebbe dunque terminare entro fine marzo del prossimo anno.

Nella lista messa a punto dall’Agenzia ci sono anche montagne e laghi, ex caserme come quella di Santo Stefano vicino a Ventotene e veri e propri gioielli dal valore incalcolabile come il Museo di Villa Giulia a Roma, l’ex Forte Sant’Erasmo a Venezia, il faro di Ponza. Sempre a Roma spiccano l’ex Forte Ardeatino, l’area della Villa Gregoriana a Tivoli e l’intera area dell’Idroscalo di Ostia (valore stimato quasi 7 milioni di euro) dove Pier Paolo Pasolini trovò la morte. Nel ricco e affascinante capitolo dei fari arrivano quelli di Ponza, di Mattinata sul Gargano, di Spignon a Venezia oltre a quello di Punta Palascia a Otranto. Tra le isole che possono essere devolute quella di Santo Stefano vicino a Ventotene, terreni nell’isola dell’Unione di Chioggia e in quella di Sant’Angelo delle Polveri a Venezia e un complesso di aree dell'isola di Palmaria vicino a Portovenere.

Non sono mancate le polemiche. Se il governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia ha valutato il federalismo demaniale "una cosa giusta", l’opposizione ha avuto molto da ridire. Per il portavoce dei Verdi Angelo Bonelli "dietro questa alienazione di beni si nasconde la più grande operazione edilizia ed immobiliare della storia della Repubblica italiana". Il deputato del Partito democratico Francesco Boccia osserva che il "federalismo non deve diventare un suk, ma una nuova stagione di doveri" e annuncia che nei prossimi giorni il Pd tornerà alla carica per introdurre "forme di compensazione dei territori meno fortunati".

Roberto Bagnoli

28 giugno 2010

 

 

REPUBBLICA

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2010-07-01

FEDERALISMO

Approvata la relazione di Tremonti

Bossi: "Bene, ora quello municipale"

Via libera del Consiglio dei ministri al documento sull'impatto del federalismo fiscale. Bossi: "Un passo importante". Il Pd: "Mancano i numeri, e questo dimostra il bluff"

Approvata la relazione di Tremonti Bossi: "Bene, ora quello municipale" Giulio Tremonti

e Umberto Bossi

ROMA - Il Consiglio dei ministri ha approvato la relazione del Tesoro sull'impatto del federalismo fiscale. Soddisfatto il ministro delle Riforme Umberto Bossi, che ha subito parlato di un "passo importante" aggiungendo che adesso si apre la fase del federalismo municipale che porterà i Comuni ad avere tributi propri per finanziare i servizi. Bossi ha presieduto la riunione dei ministri alla quale il premier Silvio Berlusconi non ha partecipato perché impegnato in una missione internazionale. Una riforma, dice il Tremonti, che "non costerà", darà più diritti ai cittadini su tutto il territorio e produrrà risparmi perché "il federalismo costa se non si fa". Il ministro non si sbilancia tuttavia sull'impatto proprio sui rispami, ipotizzato nei giorni scorsi e mai smentito, di 10 miliardi: qui, spiega, si è messo in campo "un metodo", mentre le cifre dei risparmi ci saranno "tra luglio e settembre". Intanto la portata dell'intervento sui Comuni sarà di 15 miliardi che, spiega Tremonti, verranno tagliati come trasferimenti ma "diventeranno 15 miliardi di titoli di finanziamento proprio".

L'opposizione va all'attacco. Mancano i numeri, dice il Pd che alla fine sottolinea come questo dimostri il bluff. "L'entusiasmo di Bossi - dice il deputato Pd Francesco Boccia - è pittoresco ma è l'unica cosa uscita dal consiglio dei Ministri. Oltre all'euforia leghista, a questo punto, peraltro, del tutto ingiustificata, non c'è proprio nulla, tantomeno quel fondo unico per il federalismo sbandierato come un tesoretto". Il riferimento è anche all'audizione della Copaff nella bicamerale per il federalismo fiscale che per il Pd dimostra che "pagheranno tutto le regioni" e ci saranno "nuove tasse".

Dopo la trasmissione della relazione del Tesoro alle Camere, comunque, la strada è spianata per i prossimi decreti attuativi sui quali il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli sta lavorando da tempo. E, come spiegato sia da Bossi che da Tremonti, il primo passo sarà il federalismo comunale, che dovrebbe portare a una tassa unica municipale su base territoriale e immobiliare sulla quale decideranno comunque le autonomie anche dopo un referendum, come si spiega nella relazione, che fa riferimento a un ok "previa verifica di un consenso popolare". Insieme a quella che Calderoli ha già definito una service tax comunale che, spiega, non riguarderà la prima casa, arriverà anche la cedolare secca sugli affitti ai Comuni. Questa, dice Tremonti, "è nel nostro programma e questo è il posto giusto per farla".

Insieme al federalismo municipale arriverà anche il decreto sui costi e fabbisogni standard. Nella relazione del Tesoro si conferma che i livelli e i costi dei servizi verranno fatti coinvolgendo la Sose, la Società per gli studi di settore e, secondo il ministro del Tesoro sarà proprio da qui che arriveranno i risparmi. "E' fondamentale - ha sottolineato il ministro - passare dai costi storici ai costi standard e questo verrà fatto senza penalizzare nessuno perchè gli standard verranno definiti in base alle pratiche migliori delle regioni". A luglio, assicura Tremonti, arriveranno poi i numeri sulla "fiscalità propria delle regioni".

(30 giugno 2010)

 

2010-06-27

FEDERALISMO

Dalle Dolomiti alle isole sarde, a Porta Portese

l'elenco dei beni trasferibili agli enti locali

Nella lista compilata dall'Agenzia del Demanio figurano anche l'isola di Santo Stefano, nel cui carcere furono rinchiusi tra gli altri Pertini e Spinelli, e l'Idroscalo dove fu ucciso Pasolini

Dalle Dolomiti alle isole sarde, a Porta Portese l'elenco dei beni trasferibili agli enti locali

ROMA - "Pezzi" di Dolomiti, Porta Portese, gli "isolotti prossimi alla Maddalena", tutta l'isola di Santo Stefano. Queste alcune delle voci inserite dall'Agenzia del Demanio nell'elenco dei beni trasferibili agli enti locali, a cominciare dai Comuni, con il federalismo demaniale. L'agenzia Ansa, che è entrata in possesso della lista, riferisce che il territorio più citato è quello del Lazio, e in particolare quello di Roma: oltre allo storico mercato di Porta Portese, ci sono, tanto per fare qualche esempio, il cinema Nuovo Sacher di Nanni Moretti, il museo di Villa Giulia, l'Idroscalo di Ostia dove morì Pier Paolo Pasolini. Salendo in montagna, si va dalle Tofane al Sorapis, dalla montagna dei 'Set Sass' Val Parola nel Col di Lana alla 'Croda del Becco' a Cortina, dall'Alpe Faloria alla Croda Rossa-Monte Cristallo.

Ci sono poi pezzi di torrente, fari (come quello di Mattinata sul Gargano), spiagge e isole. Quella di Santo Stefano, vicino a Ventotene, viene resa disponibile "pezzo per pezzo", dall'ex carcere in cui durante il fascismo furono detenuti Sandro Pertini, Umberto Terracini, Giorgio Amendola, Sante Pollastri, Lelio Basso, Mauro Scoccimarro, Giuseppe Romita, Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, all'approdo, agli arenili.

L'elenco comprende fabbricati e terreni che gli enti locali possono ottenere a titolo gratuito, con l'obiettivo della loro valorizzazione ma non solo, anche eventualmente della 'alienazione', ovvero la vendita, a patto che l'introito sia destinato all'abbattimento del debito pubblico. Tanto è vero che accanto a ogni 'bene', viene indicato un 'valore di inventario', che ammonta complessivamente a poco più di tre miliardi (3.087.612.747). In lista ci sono 11.009 schede per un totale di 19.005 cespiti.

(27 giugno 2010)

 

 

L'UNITA'

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2010-07-20

Federalismi d'Italia, al via l'inchiesta de l'Unità. Prima tappa, Genova

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Duecentocinquanta chilometri di coste sinuose, promontori lussureggianti, spiaggette assolate, da levante a ponente, fino giù giù, ai confini francesi. La Liguria è tutto questo. Presto tutta l’area costiera potrebbe passare dal demanio alla Regione, come dispone il primo decreto attuativo sul federalismo demaniale, che trasferisce il patrimonio statale alle amministrazioni locali. Iniziamo da qui il nostro giro d’Italia sulle tracce del federalismo, la riforma su cui il centrodestra ha scommesso, e che in autunno sarà al centro del ring politico. Quali effetti avrà sulle mille comunità locali della Penisola? Quali interessi si muovono dietro le norme allo studio del Parlamento?

Il primo tassello è il federalismo demaniale. Secondo il testo approvato a fine maggio, anche il demanio marittimo può essere oggetto di attribuzione alle Regioni. Così la giunta appena rieletta guidata da Claudio Burlando potrebbe trovarsi a gestire uno dei gioielli naturali più invidiati del Paese. "Non ho paura che mi si diano responsabilità" assicura il governatore. A nord tutto sembra andare a passo veloce verso la devolution. "Per me l’importante è che l’Italia scelga – continua Burlando – Per troppo tempo si è rimasti in mezzo al guado. Al mondo ci sono Paesi centralisti che funzionano bene, e Paesi federali che funzionano altrettanto bene. Quello che non può funzionare è restare a metà".

Per la sua Regione è una bel salto: gestire il patrimonio costiero vuol dire incassare anche i ricchi canoni demaniali. " Una parte di quelle risorse servirà a pagare la gente che ci lavora, perché avere nuove funzioni significa anche svolgere più compiti – ammette il governatore – Ma la gran parte andrà alle opere di difesa a mare, di cui la Liguria ha estremo bisogno. Finora la Regione ha incassato solo il 10% dei canoni, e spesso ha dovuto fronteggiare gravi emergenze, come mareggiate e alluvioni, da sola, perché lo Stato interviene spesso in ritardo. Negli ultimi cinque anni abbiamo speso 13 milioni per le opere di difesa a mare di una parte limitatissima della costa. Servirebbero centinaia di milioni. Sono opere importanti, perché le mareggiate provocano danni incalcolabili all’attività economica".

Alla giunta genovese sarà trasferito anche il ricco patrimonio immobiliare disponibile dello Stato. Il gettito derivante dalla valorizzazione degli immobili dovrà essere destinato per il 75% all’abbattimento del debito locale e per il resto al debito nazionale. Per ora comunque, il condizionale è d’obbligo: la lista dei trasferimenti non è ancora redatta in modo completo. Senza contare la fitta rete di "paletti" previsti: non è entrato nei trasferimenti, ad esempio, il sostanzioso demanio militare ligure. Ma nel testo c’è anche una dura esclusione per Genova e dintorni: i porti. Quelli di rilevanza nazionale restano allo Stato. Per la Liguria, che da tempo combatte per partecipare al gettito prodotto dagli scali, è un colpo duro. Anche se qualche passo avanti si è fatto. "Almeno le aree non di diretta pertinenza del porto potranno essere sdemanializzate – spiega il governatore – Nel caso di Genova non è poco. Nell’area portuale c’è un po’ di tutto: bar, ristoranti, club sportivi, campi di calcio, associazioni. E’ importante che queste realtà possano avere come referente la Regione".

Certo, un passo avanti c’è: ma il caso porti resta una ferita aperta per i liguri, che vedono con sempre maggiore preoccupazione la concorrenza di Amsterdam e Rotterdam, dove ogni anno aumentano le merci italiane trasportate. Con i suoi venti chilometri di lunghezza, le sue banchine, le sue aree di carenaggio, il porto sta a Genova come la Fiat a Torino e in generale le banchine di La Spezia, la Darsena di Savona Vado corrispondono ai capannoni brianzoli o alle manifatture venete. Nel solo 2009 al porto di Genova sono arrivati e partiti quasi tre milioni di traghetti con i passeggeri, e 670mila navi da crociera sono attraccate alla banchina. Il traffico merci è tra i più alti d’Italia. A La Spezia nel 2008 hanno transitato un milione e duecentomila container. A Savona Vado è in progettazione una importante piattaforma intermodale, per incrociar le rotte del commercio mondiale. Tutto questo vuol dire tasse d’imbarco, Iva e accise.

Ogni anno i tre porti liguri producono un gettito di 4 miliardi di euro, che finisce tutto a Roma. "L’ho spiegato anche a Formigoni: la mia industria è il porto – conclude Burlando – Io scarico e carico le merci anche per la Lombardia e il Piemonte. Non ho Irpef o Irap: ho le tasse portuali, e se solo il 5% di quella somma fosse gestita dalla Regione, si eviterebbe che il potente ministro di turno magari conceda una mancia ai porti che vuole. Molte imprese liguri non fanno manifattura, ma shipping. Anche questo va considerato".

20 luglio 2010

 

 

 

Governo contro autonomie

di Marco Causi - Walter Vitali*tutti gli articoli dell'autore

Dopo il demanio, il percorso della Commissione per il federalismo fiscale sta affrontando un nodo decisivo: il giudizio sulla relazione del Governo relativa ai "numeri". L’intera relazione è pervasa da tre tesi, false e strumentali: la spesa pubblica discrezionale sarebbe ormai prevalentemente gestita a livello locale; amministrazioni territoriali sarebbero fiscalmente irresponsabili; da ciò avrebbe origine la dinamica esponenziale del debito pubblico. In uno scontro istituzionale di inaudita durezza, come quello voluto dal Governo sulla manovra, è difficile che sul federalismo si possa andare avanti. Il Pd chiederà innanzitutto alla Commissione di ribadire che i risparmi dovuti al passaggio dalla spesa storica ai costi standard potranno essere utilizzati per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali.

Successivamente arriverà in Commissione il decreto sull’autonomia impositiva dei comuni. Secondo le poche notizie disponibili, in una prima fase cambierà poco. Solo in una seconda (quando?) le attuali imposte che gravano sugli immobili saranno unificate e trasferite ai comuni, i quali potranno anche autonomamente decidere una addizionale che avrà il carattere di una service tax . Il tutto è così nebuloso e pasticciato che risulta anche non giudicabile. Ad oggi abbiamo più domande che valutazioni. Ci sarà un riordino della fiscalità immobiliare? Come cambierà il carico fiscale sulle diverse categorie di contribuenti? Sarà garantita la perequazione verso i comuni meno dotati di basi imponibili? Sono gli interrogativi principali su cui il Pd avanzerà proposte, in coerenza con la legge che ha contribuito a elaborare.

* Parlamentari Pd in Commissione per il federalismo

20 luglio 2010

 

2010-06-27

Al via il federalismo demaniale Lo Stato cede pezzi d’Italia

di Felicia Masoccotutti gli articoli dell'autore

C’è l’isola di Santo Stefano e il Museo di Villa Giulia. C'è la spiaggia del lago di Como e l’archivio di stato di Trieste. Ci sono alcune vette delle Dolomiti e gli isolotti prospicenti Caprera. E ancora, ex caserme, fari, interi palazzi. C’è l’area del mercato romano di Porta Portese e l’Idroscalo di Ostia, teatro del barbaro assassinio di Pier Paolo Pasolini. Sono solo alcuni dei tantissimi pezzi d’Italia pronti a passare di mano. Dallo Stato agli enti locali. Per ora. Per Comuni e Regioni, infatti il patrimonio potrebbe solo transitare per arrivare nelle mani dei privati.

Valorizzazione & speculazione

Si chiama federalismo demaniale. Un nome innocuo per un’operazione disciplinata da un decreto approvato a fine maggio. Sta prendendo corpo, l’Agenzia per il demanio ha già preparato un elenco, ancora provvisorio e decisamente corposo: 11 mila schede, 19 mila cespiti contenuti in cinque, seicento pagine diffuse in parte dall’Ansa che oggi le pubblica sul suo sito. A fine luglio l’elenco definitivo. Un nome innocuo, che cela la grande insidia della speculazione e della sottrazione alla collettività di beni finora di tutti.

La parola chiave è "valorizzazione": Comuni e Regioni possono acquisire questi beni a titolo gratuito se sono in grado di "valorizzarli". Può significare trarne vantaggio rendendoli accessibili, fruibili, sottraendoli all’abbandono o all’incuria. Ma, molto più prosaicamente, possono "valorizzarli" "alienandoli", cioè vendendoli: lo prevede il decreto, con la sola condizione che gli introiti vadano ad alleggerire il debito. Accanto a ogni bene l’agenzia del Demanio pone il suo valore: il museo di Villa Giulia a Roma, che ospita rarità come la famosa coppia di sposi etruschi (eventualmente, rischiano lo sfratto?) ha un valore di inventario di quattro milioni e mezzo di euro. L’archivio di Stato di Trieste ha un valore di 5 milioni; l’archivio della Corte dei Conti (Roma) quasi 67 milioni e l’intero Idroscalo di Ostia 6 milioni e 700mila euro. Il totale è di oltre 3 milisrdi.

L’intero valore dell’isola di Santo Stefano nell’arcipelago Pontino verrà dato dalla somma dei suoi pezzi: l’approdo agli arenili e , soprattutto, l’ex carcere. Un pezzo, sì, ma di storia. È un luogo simbolo della Resistenza italiana, è lì che fu rinchiuso tra gli altri Sandro Pertini. "Esiste un progetto per trasformare il carcere borbonico in un mega albergo di lusso", denuncia il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. È questo che diventerà? Anche sull’idroscalo di Ostia "esistono fortissimi appetiti speculativi", continua l’ambientalista che annuncia una raccolta di firme da parte dei Verdi per una petizione.

Il 50% al Nord

C’è poi un altro aspetto. Il 50% del patrimonio trasferibile è concentrato al Nord. E se si include in Lazio (che ha il 27% grazie a Roma) si arriva al 76% concentrato in tre sole regioni. "Quello che prima era di tutti gli italiani verrà concentrato nella disponibilità di 4-5 regioni e i proventi delle alienazioni oltre a fare la fortuna dei poteri forti andranno a ripianare i deficit delle regioni del nord e del Lazio", conclude Bonelli. Ma per il sindaco di Roma, Gianni Alemanno si tratta di "una grande opportunità per Roma". Quanto all’Idroscalo, l’area "sarà riqualificata e il suo utilizzo avrà carattere ambientale e paesaggistico". Si attendono i fatti. Dello stesso avviso il presidente del Veneto, il leghista Luca Zaia, "Stiamo andando nella direzione giusta, anche dal punto di vista dei simboli".

Diventa "simbolico" il caso delle Dolomiti. Sono state dichiarate patrimonio dell’umanità "sono beni universali, non può essere che lo Stato a gestirli - afferma il deputato Pd Enrico Farinone - Federalismo sì, estremismo federalista no", conclude. Ma per Zaia al momento dell "Il fatto che pezzi così famosi delle Dolomiti, ritornino alle loro comunità riporta alla responsabilità". Ce ne vuole davvero tanta per evitare che la partita si trasformi in un preziosissimo suk.

27 giugno 2010

 

 

 

icenza di svendere

di Vittorio Emilianitutti gli articoli dell'autore

Le anticipazioni sui beni demaniali da trasferire, a titolo gratuito, a Regioni ed Enti locali per esserne "valorizzati", disegnano uno scenario da horror: pezzi di Dolomiti (dalle Tofane all’Alpe di Caloria, e Zaia esulta), busti e articolazioni di centri storici, brandelli di coste, bocconi di isole, e così elencando. Nella capitale è in lista la sede dello splendido Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma (quello dell’Apollo di Veio): chi se la comprerà? E dove finiranno quelle mirabili collezioni? Ci pensa Calderoli. È solo l’antipasto del federalismo "all’italiana". Del tutto squilibrato: il 27 %, in valore, dei beni, si trova nel Lazio (Alemanno e Polverini esultano), mentre alla Sardegna tocca appena l’1 %. In sintesi, ci guadagna il solo Centro-Nord, mentre il Sud (Campania a parte) becca la solita tranvata. Già il pensoso Calderoli starà studiando misure di riequilibrio assieme al collega Maroni che vorrebbe sottrarre alla Campania la Dop delle mozzarelle essendo i bufali giunti qua coi Longobardi. Non è esatto. In ogni caso, venivano da Oriente. Mica dal Varesotto. Si ride per non piangere. "Valorizzare" questi beni – fra cui le isole di Santo Stefano o di Palmaria – vuol dire solo venderli. E venderli – col mercato immobiliare fermo e in mano a pochi – vuol dire svenderli. Una manciata di euro per le esauste casse locali e grasse rendite precostituite (storia vecchia in Italia) per i soliti pochi. Mesi fa il sindaco di centrodestra di Gaeta disse: "I beni demaniali hanno sin qui impedito il pieno sviluppo della città. Ora saranno il nostro volano". Lapidario. Affacciatevi sul golfo di Gaeta: è uno dei più stravolti del già stravolto Lazio. Da domani sarà peggio.

27 giugno 2010

il SOLE 24 ORE

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2010-07-04

 

Lei pensa che le regioni ci stiano? Il clima non è dei migliori.

Ho trovato finora interesse dai presidenti Caldoro e Scopelliti. Positivo, forse anche oltre la previsione, anche l'atteggiamento del governatore Lombardo. Qualche rigidità in più l'ho trovata dal presidente De Filippo perché la Basilicata vanta standard di spesa migliori. Però non c'è una chiusura. La prossima settimana mi incontrerò con gli altri presidenti.

Lei dice che bisogna concentrare le risorse su Anas e Fs, ma le grandi aziende di Stato sono le prime ad avere performance non certo brillanti in termini di capacità di spesa al Sud. Lo dimostrano anche relazioni recenti sulle grandi opere.

Sono assolutamente consapevole che il problema della capacità di spesa dei fondi strutturali nazionali e comunitari è generale e non si limita alle regioni del Sud. Ne è lucidamente consapevole anche il ministro Tremonti che semplicemente ha denunciato la follia di tenere impegnate risorse ingenti in un meccanismo che chiaramente non funziona. Proprio per questo dico mettiamoci al tavolo e accordiamoci sulle cose da fare per rilanciare questi investimenti.

È curioso questo spiraglio di dialogo in un momento di tensione così forte con le regioni.

Rilanciare questi investimenti, accelerare la spesa, fare cose davvero strategiche è nell'interesse di tutti.

Sempre che la manovra non si metta di mezzo chiudendo qualunque canale di comunicazione istituzionale. Vede qualche via di uscita al muro contro muro?

Sulla manovra non ci sono margini per discutere dei saldi né della ripartizione dei sacrifici fra i vari livelli istituzionali. Possiamo solo ragionare sulle modalità di ripartizione dei tagli. A questo tipo di confronto il governo è sempre disponibile.

L'emendamento sul premio alle regioni virtuose non ha avuto molto successo.

Alcuni governatori, come Polverini, Caldoro, Scopelliti, hanno obiettato che non si possono addossare loro responsabilità dei loro predecessori. Mi pare un'osservazione sensata. Credo che i parametri di virtuosità debbano essere applicati con una certa gradualità, diciamo dal 2012, in modo da dare a tutti la possibilità di mettere in moto azioni virtuose.

Il piano sui fondi strutturali che lei sta preparando è un modo per gettare un ponte alle regioni dopo la manovra?

Il percorso io l'ho già iniziato e con la manovra non c'entra. Qui l'obiettivo è rafforzare la programmazione e integrare i diversi livelli, riducendo la parcellizzazione. Oltre a questo tema dovremo confrontarci sul federalismo.

C'è un nesso fra questo piano dei fondi per il sud e il federalismo?

Dobbiamo sbloccare la spesa dei fondi strutturali nazionali ed europei, vecchi e nuovi, perché questa dovrà risultare una componente fondamentale delle politiche perequative nord-sud all'interno del riassetto federalista. È fondamentale oggi e lo sarà in prospettiva, considerando il dibattito in sede comunitaria sulla necessità di proseguire la politica regionale di coesione oltre la scadenza del 2013. Noi siamo su questa posizione, che oggi sembra prevalere e che abbiamo rappresentato al commissario Hahn giovedì scorso sia io che Tremonti.

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Tremonti allenti i vincoli sull'Expo

Paolo Bricco e Marco MorinoCronologia articolo03 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2010 alle ore 08:03.

"Giulio Tremonti? L'ho incontrato a Milano lunedì. Mi ha detto: "ci vedremo di nuovo non appena avrete un progetto ben definito". So bene che il ministero dell'Economia ha il 40% della società di gestione. So bene anche che Tremonti è un uomo pratico. Non abbiamo fissato una data per il nostro prossimo faccia a faccia. Ora dobbiamo lavorare. Non possiamo pensare sul lungo termine. Il nostro orizzonte non sono i tre anni, ma i prossimi sei mesi. Soltanto così convinceremo tutti. Solo così faremo dell'Expo un caso di successo".

 

Il neodirettore generale dell'Expo Giuseppe Sala, 52 anni, è l'uomo del giorno. Alla Pizzeria Ciardi, dove il proprietario Gennaro è l'icona vivente del pragmatismo di questa città che dà una occasione a tutti ("dottore, sono di Pozzuoli, nel 1952 sono arrivato qui con niente in tasca, Milano è un posto meraviglioso"), Sala spiega al Sole 24 Ore come l'Expo abbia ancora una chance. E, mentre si prepara a lasciare la posizione di city manager del Comune di Milano ("vado a fare gli scatoloni subito dopo pranzo"), indica nella razionalità manageriale la ricetta giusta.

Direttore, lei ha citato il ministro Tremonti, alias il principale finanziatore dell'Expo. Questo Expo ha avuto finora molti problemi. Iniziamo dalla "pecunia": i soldi ci sono?

Sì, i soldi ci sono. E la quota pubblica non è stata ridotta da una manovra del governo impostata su un rigore essenziale per preservare i conti pubblici. Serve, mal contato, un miliardo e mezzo. Ma non abbiamo bisogno di averlo tutto e subito su un nostro conto corrente. Arriveranno mano a mano che procederemo. Piuttosto, la nostra ingegnerizzazione finanziaria ha in prospettiva un problema: l'articolo 54 della manovra fissa nel 4% il tetto delle spese di gestione rispetto al budget complessivo. È troppo poco. Chiederemo di cambiarlo.

L'articolo 54 assegna le assunzioni e le consulenze al consiglio di amministrazione e non all'ammistratore delegato. Anche questo è un problema?

Per ora io sono direttore generale. Martedì il Comune di Milano, che aveva espresso Lucio Stanca nel board, ha aperto il bando per sostituirlo e io ho presentato il mio curriculum. Il bando dura in tutto due settimane. Se gli altri soci saranno d'accordo, diventerò consigliere e quindi amministratore delegato. Ma, anche con questo specifico incarico, non avrò problemi con la norma che fa passare le assunzioni dal board: penso di portarmi pochissime persone. Ora siamo in meno di 100 persone, in tre sedi. Puntiamo su una struttura snella. Come ho già detto, lasciamo il lussuoso quartier generale di Palazzo Reale, che dunque tornerà nella disponibilità del Comune di Milano, e ci concentreremo alla Bovisa. Cosa che, peraltro, ci avvicinerà ai prossimi cantieri dell'Expo. Bisogna anche aggiungere un fatto importante: la Bovisa è di proprietà di Euromilano, il cui principale azionista è Intesa Sanpaolo. Il canone che ci viene richiesto è assai basso e loro si accolleranno i costi di ristrutturazione: si tratta del primo tangibile supporto che una società immobiliare e una grande banca garantiscono a un progetto strategico quale è l'Expo. Scusi la domanda, ma quanto prenderà di stipendio?

Non lo posso ancora dire, perché sarà tema di discussione e di approvazione del prossimo consiglio di amministrazione. Guadagnerò meno di Lucio Stanca. Una parte del mio compenso sarà fissa e una parte variabile. Naturalmente non potrò stare sotto la soglia del buon senso, perché a catena obbligherei i miei collaboratori a ricevere stipendi non coerenti con il tipo di impegno che dovranno affrontare. Un impegno che sarà molto duro.

L'impressione generale è che, per scongiurare qualunque tipo di problema in sede di approvazione definitiva al Bie di novembre, voi non dobbiate più perdere neanche un minuto. Andrà in vacanza?

Sì, qualche giorno in barca a vela in Sardegna lo farò. Ho lavorato ad alti livelli in grandi gruppi: da Pirelli a Telecom. Ho lavorato per il Comune di Milano e continuo a sentirmi anche adesso, nella nuova posizione, un civil servant. Non credo che lo stakanovismo gratuito sia funzionale al raggiungimento degli obiettivi. Soprattutto quando sono tanto urgenti e importanti. Abbiamo deciso, tutti insieme, di andare in ferie nelle due settimane centrali di agosto. In questa maniera, possiamo procedere compatti. Oggi, all'Expo, c'è da lavorare soprattutto sul software.

Cosa intende per software?

Intendo che, oggi, si ha una idea abbastanza precisa dell'aspetto fisico e dei luoghi dell'Expo. C'è una consulta degli architetti, composta fra gli altri da Herzog & de Meuron e da Stefano Boeri, che ha prodotto idee e studi. Dunque, l'hardware c'è. E su questo, come sulla presentazione del dossier di registrazione al Bie di Parigi, va dato atto a Lucio Stanca di avere fatto la sua parte. Invece, siamo messi meno bene per il software: che cosa andrò a vedere? La mia idea è che l'autosufficienza e la sicurezza alimentare siano una ottima idea di base, da cui partire. L'Expo dovrà essere vissuto anche come una esperienza digitale e tecnologica. Anche se il problema è che dobbiamo pensare ora a qualcosa che accadrà fra cinque anni, dunque con un contesto tecnologico che sarà diversissimo rispetto a quello di oggi. È questa la nostra sfida: cavalcare l'onda delle tecnologie, senza cadere.

Dunque, lei prospetta un Expo con un un profilo soprattutto tecnologico-scientifico. Perdoni la banalità, ma la gente non rischia di annoiarsi?

Avete centrato il problema. L'Expo non dovrà essere soltanto una manifestazione da professori e da supertecnici. La gente dovrà anche divertirsi. Per questa ragione, sto pensando all'Expo come a un parco a tema, ovviamente avendo sempre come riferimento la grande questione alimentare. In ogni caso, le prossime settimane saranno fondamentali per iniziare a riempirlo di contenuti. Non con il metodo un po' assembleare dei comitati di esperti. Piuttosto con incontri uno a uno. Anche con gli imprenditori e i manager. Con le aziende vorrei infatti una collaborazione più intensa, passando dalla semplice sponsorizzazione al coinvolgimento diretto.

Senz'altro l'Expo deve ancora affrontare con precisione la questione dei contenuti. In queste ore è in corso il dibattito sulle modalità di cessione dei terreni dai Cabassi e dalla Fondazione Fiera alla Regione, alla Provincia e al Comune. Fra le due opzioni (acquisto e comodato d'uso con diritto di superficie), in qualità di direttore generale ha una preferenza?

No, non ce l'ho. Per me, e credo anche per i proprietari, l'importante è che si faccia in fretta. Al di là delle opzioni vagliate dagli avvocati e dai tecnici, auspico che lunedì si arrivi a una decisione finale. La tecnicalità è una scelta che spetta alla politica: se come ente pubblico compri un terreno devi sapere che lì farai investimenti a sfondo sociale, per esempio l'housing sociale; se invece passa l'altra versione, devi chiedere ai proprietari attuali a cui i terreni torneranno in futuro di realizzare investimenti residenziali di un certo tipo, per esempio evitando i grattacieli. Di certo le strutture dell'Expo rimarranno: l'importante è costruire una soluzione che eviti, un minuto dopo la fine della manifestazione, che queste strutture si trasformino in tristi cattedrali nel deserto.

L'Expo finora è rimasto incartato anche per i conflitti di potere. Lei teme, qualora passasse la soluzione dell'acquisto diretto dei terreni e dunque diventasse operativa la newco di fatto a controllo della Regione, che la Soge si trovi a dovere "cogestire" l'Expo con un politico influente e scaltro come Roberto Formigoni?

Credo che ognuno debba fare il proprio mestiere: i manager facciano i manager; gli "azionisti" si occupino di fare gli "azionisti". Sono sicuro che tutti i protagonisti di questa vicenda amino Milano e sappiano quanto, questa città, si giochi un pezzo di futuro grazie all'Expo. Detto questo, anche se fosse accolta la proposta di acquisto tramite newco, in capo ad essa resterebbero soltanto i diritti di proprietà dei terreni. Il diritto di superficie di questi ultimi verrebbe ceduto alla società di gestione. Dunque, non ci sarebbe davvero nessun problema. Abbiamo bisogno di un salto di qualità. Che ci sarà. Mi auguro di potere annunciare ai milanesi e agli italiani l'ingresso, fra un anno, della prima macchina da lavoro nel cantiere dell'Expo.

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Il Pdl teme la questione meridionale

Lina PalmeriniCronologia articolo04 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2010 alle ore 08:06.

Il nuovo fronte per Silvio Berlusconi, ammesso che si superi quello con Gianfranco Fini, è tutto geo-politico. Ed è la resa dei conti tra Nord e Sud che ha già avuto una discreta anteprima con la manovra 2009 quando tolse al Mezzogiorno i soldi dei fondi Fas; che si esaspera adesso con la nuova manovra e il braccio di ferro con le regioni del Sud; che si ripropone con il federalismo, sempre che si faccia. Insomma, se prima erano i simboli e la propaganda a relegare il Sud a un ruolo secondario – quelle cene ad Arcore tra Berlusconi e Bossi, quel sodalizio Tremonti-Lega – ora si è passati ai fatti. E a raccontare di un asse spostato a Nord non sono più le immagini ma le risorse. E lo stress finanziario a cui sono sottoposte le regioni meridionali ultimamente additate di "cialtroneria" dal ministro dell'Economia.

Eppure se il centro-destra governa è grazie al Sud, grazie a quei 10 punti percentuali circa che si sono spostati sul Pdl regalando a Silvio Berlusconi la vittoria del 2008 (come ricostruito sul Sole 24 Ore dell'aprile di due anni fa da Roberto D'Alimonte). Invece. "Invece", racconta il ministro Gianfranco Rotondi, con il suo solito garbo "c'è un ritardo grave. E la responsabilità sta nella mancata gestione che il Pdl ha di se stesso. Il partito è stato creato come un consiglio di amministrazione, con l'assegnazione di quote ma poi si è perso sul territorio. Ora, è vero che il premier ha quella consapevolezza gramsciana dei rapporti di forza e dunque va a cena con Bossi perché senza di lui non c'è il governo, ma è vero pure che i voti il Pdl li prende dal Sud. Berlusconi metta la testa nel partito, subito".

C'è un altro paradosso. Proprio i governatori del Sud che hanno regalato l'ultima vittoria al premier – altrimenti le regionali sarebbero state solo il trionfo di Bossi – diventano il focolaio di nuove fibrillazioni nella maggioranza. "Le tensioni ci sono e potranno aumentare. L'effetto politico è scontato ma a preoccupare è l'effetto economico", spiega Stefano Caldoro, presidente della Campania. "Perché se salta il Sud – aggiunge – l'Italia diventa la Grecia. La Campania, come ha scritto l'Economist, ha già gli stessi indici economici e di allarme sociale di Atene. Attenzione. Tremonti non ci può chiedere di affiancarci agli standard storici delle regioni del Nord, ci deve garantire invece di essere valutati sulle performance e sugli indici di miglioramento". È questa la linea del Piave, spiega il governatore: "Chiediamo tutte la stessa cosa: 5 regioni, tutte con lo stesso colore. Le garanzie le dobbiamo avere". Anche perché adesso i neo-presidenti del Pdl possono parlare di eredità "disastrosa" lasciata dalle amministrazioni di centro-sinistra ma tra un po' quelle addizionali Irpef e Irap portate ai massimi, quel blocco totale del turn over, quell'impossibilità di investire un solo euro, diventeranno politicamente ingestibili. "È urgente uno spostamento di visione sul Sud", continua Caldoro che a Tremonti dà ragione sia sul rigore che sulla "cialtroneria" per il mancato uso dei fondi Ue. "Ma ora serve cambiare le priorità e varare il piano Sud".

Non tutti concordano con Tremonti. "Il ministro dice cialtroni. E posso essere d'accordo. Ma come lo definisce Brancher?". Bella domanda quella di Francesco Nucara, deputato molto vicino a Berlusconi, alleato del centro-destra anche se iscritto al gruppo misto tra i repubblicani popolari. In effetti il caso Brancher è stato scatenato da una "cialtroneria" tutta nordica. "E quale fa più danni?", continua a chiedersi Nucara, eletto in Calabria. "Questa contrapposizione Nord-Sud sta danneggiando il Pdl e Berlusconi. Io sono amico di Tremonti – precisa Nucara – ma non può puntare sull'asse di penetrazione della Valtellina, su Mestre, il Mose e tutta la politica al Sud si risolve nel Ponte sullo Stretto". È noto che al di là dello stretto c'è una rete ferroviaria inservibile e che al di qua c'è una Salerno-Reggio Calabria al palo. "Berlusconi – ammette Nucara – sul Sud mi ha deluso. Io lo giro a piedi, non lo vedo in tv. E come me molta gente potrebbe stancarsi. Le prime sberle potrebbero arrivare già con le prossime comunali".

Non è così pessimista Rotondi. E Caldoro non ancora. Ma è vero che il Sud è un "granaio" di voti, soprattutto per la sua mobilità di consensi. Nel 2008 si spostarono verso il Pdl ma già alle europee del 2009 il Pdl perse in totale 2,85 milioni di voti, un quarto di questi concentrati in Sicilia. E l'isola oggi è l'epicentro della crisi del Pdl. Non solo la giunta Lombardo: ora è esploso anche il caso del comune di Palermo dove il sindaco Diego Cammarata è messo sotto attacco dalla sua stessa maggioranza di centro-destra. Proprio ieri la mozione di sfiducia – che non è passata – è stata però votata da consiglieri del Pdl vicini a Gianfranco Miccichè.

È solo un assaggio? Il laboratorio Sicilia suggerisce qualcosa? "Attenzione, perché se Berlusconi lascia vuoto uno spazio politico questo verrà riempito. Il premier deve temere l'insidia di Fini che potrebbe farsi paladino della causa meridionale e dell'unità nazionale, con questo ricevendo anche l'appoggio del Quirinale", pronosticava Nucara che faceva notare come stanno già nascendo sigle e siglette "come quella di Mastella, di Scotti". Innocue, secondo il ministro Rotondi. "Un male e non la cura", per il governatore Caldoro. Eppure segnalano l'apertura di uno spazio politico. Che c'è anche nello stesso governo dove manca una leadership "meridionalista". "Doveva essere di Berlusconi", dice Nucara che lo sta ancora aspettando.

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LE OPINIONI

Stefano Caldoro Presidente regione Campania "Mi preoccupa l'effetto economico più di quello politico: se salta il Sud saremo la nuova Grecia Il premier sposti la visione dell'esecutivo sul meridione

Gianfranco Rotondi Ministro Attuazione del programma "La responsabilità è di un Pdl che non sa gestire se stesso: nato come un cda con assegnazione di quote si è perso nel territorio"

Francesco Nucara Deputato "Se il cavaliere lascia lo spazio vuoto, ci sarà la corsa a riempirlo: Fini potrebbe insidiarlo e diventare il paladino dell'unità del Paese e del Mezzogiorno"

 

 

 

2010-07-01

Tremonti spiega perché il federalismo fiscale conviene, Bossi promette quello municipale

di Nicoletta CottoneCronologia articolo30 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 19:35.

"L'evoluzione del sistema di finanza pubblica italiana si presenta come un albero storto". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, illustrando in una conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri la relazione sul federalismo fiscale, approvata dal governo. Tremonti cita "due passaggi fondamentali: la quasi totale centralizzazione della finanza pubblica, fatta al principio degli anni '70 e il decentramento-federalismo introdotto tra il 1997 e il 2001". Poi rileva che "è così che l'albero è cresciuto storto".

"La finanza derivata - ha detto Tremonti - non sta in piedi. È basata sull'idea che l'Iva sia un bancomat. Non crediamo che corrisponda più a quello che serve al paese". Tremonti ha detto che è "fondamentale passare dal sistema dei costi standard che premiano gli inefficienti a un sistema di fabbisogni definiti in termini oggettivi senza penalizzare nessuno. Lo standard deve essere ricostruito in base alle pratiche migliori".

Non è il federalismo fiscale a costare ma, al contrario, costerebbe non farlo, si legge nella relazione sul federalismo fiscale. "Un errore piuttosto diffuso consiste nell'assumere che il federalismo fiscale abbia un costo", si spiega, "in realtà è l'opposto. Il costo ci sarebbe infatti non riformando con il federalismo fiscale, ma all'opposto conservando l'assetto attuale".

"Sulle regioni non siamo ancora pronti per dire cosa diamo loro" in termini di finanza locale", ha detto Tremonti. "A luglio lo sapremo e quindi faremo molto presto anche il federalismo regionale- aggiunge- siamo invece molto avanzati a livello municipale". Tremonti ha spiegato che il federalismo dà "poteri fiscali statali ai territori. Pensiamo di ritirare i 15 miliardi che i comuni richiedono come finanziamenti, ma di dare loro 15 miliardi di titoli di finanziamento proprio".

Il Senatur ha spiegato che dopo il federalismo demaniale il prossimo passo sarà il "federalismo municipale", che assegna ai Comuni le tasse sugli immobili, introducento il principio di responsabilità. Il debito pubblico, dice il leader del Carroccio, è causato dal fatto che "chi spende non ha la responsabilità di trovare i soldi che in qualche caso butta via". Il federalismo fiscale dunque "serve per cambiare dalla finanza derivata dove lo Stato incassa tutte le tasse e paga a piè di lista i livelli istituzionali che spendono. Manca la responsabilità: chi spende, no deve procurarsi i soldi che spende, che in qualche caso butta via".

"Il federalismo municipale è passo importante, si tratta di dare ai Comuni, per adesso perché poi toccherà anche a Regioni e Province, un processo di finanza propria che si basa sul fatto che i Comuni avranno tutte le tasse che riguardano gli immobili: sono tante tasse che però i Comuni potrebbero anche semplificare per favorire i contribuenti in un'unica tassa. Ma sarà una decisione loro. Noi ci limitiamo per adesso a indirizzare i Comuni". Bossi ha presieduto una parte del cdm, dopo una breve presidenza da parte del ministro Altero Matteoli. Accanto a lui i ministri Giulio Tremonti e Roberto Calderoli.

Tremonti dice sì alla finanza muncipale ma "ci spiace deludere, la prima casa resterà esente da ogni imposta. Mentre c'é la base per fare la cedolare secca sugli affitti che é nel nostro programma elettorale e qui finalmente c'é lo spazio per metterla dentro".

"Il federalismo fiscale è in grado di unire e di dare garanzia di diritti civili e sociali pari su tutto il territorio", ha detto Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione. Pa rlando del federalismo fiscale ha sottolineato che si tratta di una riforma che "fa risparmiare".

E l'assenza del ministro Brancher? "Il ministro del federalismo è Umberto Bossi", ha risposto il titolare dell'Economia a un cronista che chiedeva come mai nel giorno del federalismo, a presentarlo non ci sia il neo nominato ministro Aldo Brancher.

 

 

 

 

 

 

 

2010-06-29

Bossi rilancia dopo Pontida: ora date i ministeri al Nord

di Mariolina SestoCronologia articolo29 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2010 alle ore 08:08.

ROMA- "Non possiamo solo pagare e non avere niente, dobbiamo anche contare e il fine ultimo è portare un ministero a Milano, quello delle Finanze. E poi quello dell'Industria a Torino e per esempio quello del Turismo a Venezia". Dopo Pontida, Umberto Bossi torna a puntellare il suo nuovo obiettivo: si chiama, in gergo tecnico, "capitale reticolare", ma per il Senatur il trasferimento dei centri di potere deve andare in una sola direzione, verso il Nord.

Ancora in mezzo alla bufera del caso Brancher, che tanto ha indignato su siti e media, il popolo leghista, il leader del Carroccio cerca di deviare l'attenzione e di riportarla su temi più in sintonia con gli umori della sua base. Così torna a issare la bandiera della Padania e di un'eventuale secessione con la "forza": "Noi siamo destinati a veder nascere la Padania – arringa nel corso di un'intervista ad affaritaliani.it –, non c'è santo che tenga. La Padania sta a noi se farla in maniera pacifica o violenta: io preferisco la via pacifica, perché per l'altra via c'è sempre tempo a utilizzarla. Noi vogliamo che la gente capisca che bisogna cambiare per dare ai nostri figli un sistema migliore di quello romanocentrico".

 

Intanto il neoministro Aldo Brancher – sotto il tiro delle opposizioni, che ne chiedono in coro le dimissioni – fa sapere di non avere alcuna intenzione di lasciare l'incarico. "Ribadisco il mio parere assolutamente fermo contro la richiesta di dimissioni", ha ripetuto ieri tornando a difendere il proprio operato: "La vicenda è stata strumentalizzata - ha argomentato -. Non so chi ha sbagliato, ma chi ci ha marciato mi sembra evidente. Avevo chiesto già tre volte un rinvio dell'udienza per i miei impegni da sottosegretario e questa era un'ulteriore richiesta. Non ho preso in giro nessuno". I suoi legali fanno inoltre sapere che lunedì prossimo presenteranno ai giudici la formale rinuncia al legittimo impedimento. Non è invece ancora chiaro se il ministro si presenterà lo stesso giorno nell'aula del tribunale.

A complicare la storia, già controversa, di questa nomina è poi la ricostruzione della sua genesi. È lo stesso Brancher a rimandare i giornalisti a un'intervista concessa ieri dal ministro Calderoli al Corriere della sera. In sintesi, il ministro leghista racconta che "per Bossi l'opzione principale" era Brancher alle Politiche agricole e Galan allo Sviluppo economico. "Ma questa ipotesi non si è realizzata per problemi di equilibri interni al Pdl – spiega Calderoli –. A quel punto si è parlato di ministro senza portafoglio". Tanto basta per far esplodere gli esponenti di opposizione: "È la dimostrazione che la nomina di Brancher prescinde dalle reali necessità del governo". "È una truffa istituzionale, da questa situazione si può uscire solo con le dimissioni di Brancher da ministro" tira le conclusioni il vicesegretario del Pd Enrico Letta. Mentre il capogruppo di Idv, Massimo Donadi, rilancia la proposta di una mozione di sfiducia unitaria delle opposizioni. Con la postilla che Idv ne presenterà comunque una in caso di mancato accordo. È però qui che il coro delle opposizioni diventa un insieme di voci discordanti. L'Udc Michele Vietti non scioglie le riserve: i centristi sono infatti restii a un'iniziativa parlamentare assieme a Di Pietro. E lo stesso Pd, nonostante Franceschini e Donadi si siano trovati d'accordo sull'idea di presentare un documento comune, esita: "Dobbiamo evitare - osserva il vicecapogruppo Alessandro Maran - che la vicenda Brancher finisca per rafforzare il centro-destra e per indebolire il centro-sinistra, con una sua divisione". Oggi si riuniranno i gruppi di opposizione per la decisione. Quanto a incarico e deleghe ancora mancanti, Brancher scarica la colpa su Palazzo Chigi: fa parte delle competenze della presidenza del Consiglio - spiega -. Le deleghe diventano ufficiali e definitive quando vengono pubblicate sulla Gazzetta ufficiale: non sono certo io che devo pubblicare questa cosa".

 

2010-06-27

Dolomiti agli enti locali con il federalismo, dalle Tofane al Sorapis

di Enrico BronzoCronologia articolo27 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2010 alle ore 14:56.

Ci sono anche una serie di pezzi di Dolomiti nell'elenco dell'agenzia del Demanio tra i beni trasferibili agli enti locali con il federalismo demaniale. Si va dalle Tofane al Sorapis, dalla montagna dei 'Set Sass' Val Parola nel Col di Lana alla Croda del Becco a Cortina, dall'Alpe Faloria alla Croda Rossa-Monte Cristallo sempre in zona.

A seguito del boom turistico cortinese, le Tofane sono diventate una delle maggiori attrazioni di tutte le Dolomiti, nonché uno dei più conosciuti simboli delle Alpi italiane. Per questo motivo a partire dalla fine dell'Ottocento, sul massiccio sono stati costruiti numerosi rifugi alpini e sono stati aperti altrettanti sentieri, vie ferrate e piste da sci.

Sul versante storico, come gran parte delle cime cadorine e altoatesine, le Tofane furono teatro di cruenti scontri armati tra truppe italiane e austro-ungariche durante il corso della Prima Guerra Mondiale. Nel 1915, all'entrata in guerra dell'Italia, il fronte meridionale austriaco si trovava completamente sguarnito, e per questo i comandi militari asburgici decisero di abbandonare l'Ampezzo per trincerarsi in posizioni strategiche meglio difendibili. Lo Stato maggiore austro-ungarico, conscio dell'insufficienza di uomini e difese, si era già rassegnato alla perdita del Sud Tirolo. L'ala sinistra della 4a armata italiana, risalito il Cadore e occupata Cortina d'Ampezzo (29 maggio 1915), cominciò ad assediare le roccaforti nemiche sui versanti meridionale e orientale delle Tofane, fino ad impadronirsi, il 7 luglio, di Cima Bois e Forcella Bois.

Tornando ai giorni nostri, domenica 4 luglio 2010 partirà la ventiquattresima edizione della Maratona dles Dolomites, la gara in bicicletta più spettacolare del mondo con il superamento del Passo Sella, del Passo Giau, del Passo Campolongo, Passo Falzarego e Passo Gardena/Colle S. Lucia. "Per i circa 9mila posti disponibili abbiamo ricevuto 25mila richieste - spiega Michil Costa, artefice della manifestazione -. C'è anche chi ha comprato il biglietto online pagandolo 1.500 euro. I posti disponibili sul web sono stati venduti in sette minuti". Per consentire a tutti i partecipanti di prendere il via la competizione partirà dalla Villa, in Alta Badia (Bolzano) dalle ore 5,30. Previsti tre percorsi differenziati. Ogni concorrente avrà la facoltà di scegliere il percorso a lui più confacente e tale scelta può essere presa nel corso di svolgimento della prova a giudizio insindacabile del partecipante. Saranno presenti tanti italiani quanti stranieri. Il sabato successivo si svolgerà la venticinquesima edizione.

 

 

 

 

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